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La bottega dei suicidi

La bottega dei suicidi La bottega dei suicidi
© ARP Sélection, Caramel Film, Diabolo Films, Entre Chien et Loup, Kaibou Productions, La Petite Reine

Introduzione
Esce il 28 dicembre al cinema “La bottega dei suicidi” (titolo originale “Le Magasin des Suicides“), ma non lasciatevi trarre in inganno dal titolo perché non si tratta di un noir, o per meglio dire del tradizionale noir, ma di un cartoon nero, divertente ed adatto al periodo di festa. Regista e sceneggiatore di questa pellicola d’animazione che, con l’aiuto anche di un’ottima colonna sonora composta da Etienne Perruchon, riesce a trattare con il sorriso il tema della morte, è Patrice Leconte. Il francese, che ha già firmato film di successo come “Il mio migliore amico” e “Il marito della parrucchiera, è un debuttante in questo genere e per la sua prima esperienza si è ispirato all’omonimo romanzo di Jean Teulè del 2007 per farne una trasposizione per il grande schermo, esilarante e geniale. “La bottega dei suicidi”, infatti, nonostante l’ambientazione alquanto triste e lugubre e l’argomento non proprio usuale per una pellicola natalizia, racconta una storia divertente adatta pure ad un pubblico giovane e dove i protagonisti, anche questi abbastanza particolari, riescono a far sorridere e a far apprezzare la vita, a dispetto dei titolo del film.

La bottega dei suicidi
La bottega dei suicidi

© ARP Sélection, Caramel Film, Diabolo Films, Entre Chien et Loup, Kaibou Productions, La Petite Reine

La trama
Al centro della vicenda ci sono i componenti della famiglia Tuvache, personaggi “oscuri” ma decisamente simpatici anche nella loro triste eccentricità. Ci sono i genitori: il padre magro come un chiodo e dal baffetto alla Gable, Mishima (voce originale di Bernard Alane), la madre carnosa e falsamente affabile, Lucrece (voce di Isabelle Spade), e tre figli. Anche i ragazzi sono in linea con lo stile familiare, tutti e tre, eccetto uno: Alan (Kacey Mottet Klein), il terzogenito che porterà un po’ di scompiglio in famiglia. Non meno stravagante, poi, è il business che papà e mamma gestiscono con soddisfazione da tanti anni e che li fa vivere serenamente ed in pace con tutto il mondo: aiutano gli aspiranti suicidi ad abbandonare la vita. Sembra che non manchi niente ai Tuvache per essere felici, benché il posto ed il periodo in cui vivono non siano dei migliori. La loro esistenza scorre tranquilla in una grigia e tetra città dove hanno la casa e il loro negozio, che va a gonfie vele proprio perché sfrutta questo clima di inconsolabile e diffusa tristezza. Un piccolo emporio, stranamente colorato e allegro, nonostante la malinconia e l’abbattimento che si respirano nel quartiere in cui si trova.

La bottega dei suicidi Signor Mishima mostra le armi agli aspiranti suicidi - La bottega dei suicidi
© ARP Sélection, Caramel Film, Diabolo Films, Entre Chien et Loup, Kaibou Productions, La Petite Reine

Una zona mesta, circondata da altissimi grattacieli che non permettono al sole di portare un po’ di luce e di vitalità, immersa in una città altrettanto angosciante, impregnata di smog e battuta da piogge acide. Posto ideale per fare crescere e proliferare la loro bottega che, grazie all’apparente gaiezza che trasmette, sembra l’unica ancora di salvezza. I Tuvache, infatti, si sono inventati un’attività che necessita proprio di questa atmosfera per attirare i clienti che, purtroppo, sono sempre in aumento e sempre più desiderosi di mettere fine alla loro avventura terrena. Scegliere, però, come dire l'addio alla vita non è impresa facile, anche quando si è convinti pienamente di volerlo fare e, così tanti disperati sono costretti a ricorrere ai servigi de “La bottega dei suicidi” dell’insolita coppia. Spinti ed invogliati ancora di più da uno slogan che convincerebbe anche i più dubbiosi dell’alta professionalità offerta: “Specialità garantite: o morti o rimborsati”. E così, in questo contesto dove non c’è più differenza tra giorno e notte e le persone sono rassegnate l’unica cosa sensata da fare sembra quella di salutare tutto e tutti in grande stile, perché se non si può vivere alla grande almeno si può morire con gusto e classe. Sarà sufficiente andare da Mishima e Lucrece Tuvache ed affidarsi completamente a loro per affrontare l’ultimo passo, come se fosse l’unico momento di gloria della propria squallida ed inutile esistenza. Sono gli unici, infatti, in grado di garantire la tanto agognata dipartita da questo mondo che sta scivolando sempre di più nel baratro, in cui pure togliersi la vita buttandosi sotto una macchina per strada, per esempio, non porta al risultato sperato ma soltanto ad una multa salata.

La bottega dei suicidi La bottega dei suicidi
© ARP Sélection, Caramel Film, Diabolo Films, Entre Chien et Loup, Kaibou Productions, La Petite Reine

Passano gli anni e Mishima, il padre tetro nell’aspetto e nell’animo, e Lucrece, la madre dall’apparenza vivace ma dall’indole triste, portano avanti la famiglia e la loro singolare attività, un giorno dopo l’altro, un suicidio dopo l’altro sempre all’insegna della più grande professionalità. Tra un consiglio al cliente di turno che vuole togliersi la vita su quale strumento sia più adatto al suo carattere per compiere l’estremo atto, infatti la scelta è molto ampia e variegata, e qualche suggerimento lanciato qua e là per affascinare i più esigenti, hanno messo su una gaia… o quasi… famigliola. Insomma hanno tutto, che cosa potrebbero chiedere di più alla vita? Sono genitori di tre figli e gestiscono una fiorente attività che aiuta chi è in difficoltà, vantando il pregevole merito di sostenere chi preferisce dire addio alla vita piuttosto che andare avanti. E, soprattutto, sono sicuri che questa attività non conoscerà mai crisi, specialmente in uno momento di caduta economica e sociale come quello in cui sta vivendo tutto il mondo. Il periodo particolarmente negativo, infatti, ne garantirà sempre il successo e, di conseguenza costruirà la fortuna de “La bottega dei suicidi”, perché tutti sono alla ricerca di chi possa offrire gli strumenti migliori, più efficaci ma anche di tendenza, per essere un aspirante suicida ma rigorosamente con stile. I Tuvache ci credono così tanto nella validità del loro negozio che consigliano e vendono soltanto accessori di altissima qualità. Facendo, così, un giro nella bottega si possono trovare dalle lamette per tagliarsi le vene che, però, proprio per garantirne l’efficacia, devono essere arrugginite così che si possa morire eventualmente anche per il tetano, ai più semplici pesi da attaccare al collo per lanciarsi in mare. Passando per i tradizionali cappi per l'impiccagione, che possono essere di diverso tipo e prezzo, senza dimenticare, infine, anche le armi bianche, i funghi velenosi e chi preferisce farla finita usando i veleni più diversi, gli strumenti amati dalle signore. Come l’emporio rispecchia in pieno la sua funzione ed il suo obiettivo, con quel nome che non lascia alcun dubbio, così tutto nella loro vita deve rispecchiare il senso della loro attività, tutto deve richiamare questo grottesco sentimento di morte. Anche i figli, quindi, seguono questa scia, a partire dai nomi che i genitori hanno scelto per loro.

La bottega dei suicidi Vincent e Marilyn Tuvache
© ARP Sélection, Caramel Film, Diabolo Films, Entre Chien et Loup, Kaibou Productions, La Petite Reine

I tre ragazzi Tuvache, infatti, si chiamano: Vincent, Marilyn ed Alan, tutti e tre nomi ispirati a personaggi morti suicidi (il pittore olandese Van Gogh, l’attrice americana Monroe e il matematico inglese Mathison Turing), per restare in tema naturalmente. E perché tutto sia in perfetta “armonia” con la filosofia di vita della famiglia anche i teneri pargoli hanno l’aspetto e lo spirito sofferenti, in linea con la dolce mestizia della casa e, soprattutto, della bottega. Anche se queste, in verità, non sono caratteristiche comuni a tutti e tre i fratelli. Infatti, tutto andrebbe benissimo se l’”allegra” famigliola Tuvache si fosse fermata soltanto a Vincent, così somigliante a papà, e a Marylin, così simile a mamma, ma Mishima e Lucrece hanno messo al mondo anche il piccolo Alan, completamente diverso da genitori e fratelli e così lontano dall’aspetto di circostanza di casa Tuvache. L’ultimo arrivato, a differenza dei fratelli maggiori, non ci pensa proprio a passare il suo tempo tra bombole del gas e pistole di ogni tipo, il suo mondo è completamente diverso da quello della sua famiglia così simile alla “famiglia Addams”. Alan è nato con gli occhi allegri e sprizzanti di felicità ed ottimismo, a dispetto di tutto e tutti, a cominciare dal nome che papà e mamma hanno scelto per lui, quasi a voler segnare il suo destino ed il suo carattere. La natura, infatti, ha la meglio sulle consuetudine familiari ed il più piccolo del clan Tuvache non cambia neanche crescendo, diventando un vero cruccio per Mishima, Lucrece, Vincent e Marylin.

La bottega dei suicidi Sig.ra Lucrece Tuvache ed il piccolo Alan
© ARP Sélection, Caramel Film, Diabolo Films, Entre Chien et Loup, Kaibou Productions, La Petite Reine

Passando gli anni, infatti, il bambino non si limita a manifestare il suo incomprensibile ottimismo e la sua ingiustificata voglia di essere felice e gioioso ma cerca in tutti i modi di trasformare tutti gli altri in persone contente e soddisfatte della loro vita, mandando a monte, così, il lavoro, l’attività e la reputazione decennale de “La bottega dei suicidi”. Alan è sempre più allegro e questo diventa un problema irritante per il menage domestico perché, nonostante i tentativi di incupire il bambino e di riportarlo sulla “retta via” di una “sana e comprensibile infelicità”, lui resiste e, anzi, fa di tutto per togliere potenziali clienti ai genitori disperati. Il piccolo non ci sta a rassegnarsi a questo mal di vivere, che colpisce sempre più frequentemente la gente e che fa la fortuna dell’attività di famiglia, Alan è irrimediabilmente allegro e fiducioso e, soprattutto, vuole e pretende che lo siano tutti. Questa situazione, naturalmente, porta scompiglio in casa Tuvache rompendo un equilibrio ed una macabra consuetudine che si sono consolidati negli anni. E se, però, la natura incontenibilmente felice e positiva di Alan non può cambiare, non può farlo neanche quella degli altri componenti della famiglia, primi di tutti i genitori che, per salvare il loro onore, cercano con ogni sistema possibile, anche il più cinico, di spegnere il fastidioso entusiasmo e l’incredibile gioia di vivere del figlio più piccolo. Ah, se anche Alan fosse come i fratelli maggiori, tristi e depressi, tutto sarebbe ancora perfetto in casa Tuvache ed, invece, purtroppo non è così! Gli occhi scintillanti e briosi del piccolo non hanno niente in comune con quelli segnati dalle cupe occhiaie del Signor Mishima e con la prosperità rigorosamente funesta ma affabile della Signora Lucrece. Bisogna, quindi, cambiare in tutti i modi questo figlio che rappresenta la “pecora nera” della famiglia, bisogna intervenire anche con i metodi più cattivi ed estremi. Tutto, insomma, per boicottare il suo innato buonumore e per riportare Alan nel solco funereo e mesto della tradizione di famiglia, tutto per smorzare il suo incontenibile entusiasmo. A mali estremi, quindi, estremi rimedi come quando, per esempio, il capostipite gli insegna a fumare per respirare pienamente le sostanze che provocano il cancro.

La bottega dei suicidi Sig.ra Lucrece Tuvache ed il piccolo Alan
© ARP Sélection, Caramel Film, Diabolo Films, Entre Chien et Loup, Kaibou Productions, La Petite Reine

Conclusioni
“La bottega dei suicidi”, distribuito da Videa, quindi è un inno alla vita raccontato con un gradevolissimo ed intelligente humor nero. Un invito appassionato a vivere fatto attraverso gli occhietti felici di Alan che, già al primo vagito, ha mostrato la sua prorompente vitalità, davanti allo sguardo disperato di Mishima.

Leconte ha centrato il difficile obiettivo di portare sul grande schermo, in un musical e in 3D, il tema del suicidio e di come affrontarlo, raccontandolo in una prospettiva comica e macabra al tempo stesso. Per questo il film ha ricevuto critiche positive e riconoscimenti, dopo la presentazione in anteprima alla 65a edizione del Festival di Cannes. Il pubblico italiano, almeno quello al di sotto dei 18 anni, ha rischiato però di non poter vedere questo delizioso cartoon, perché la Commissione di Revisione Cinematografica inizialmente l’aveva vietato, ritornando quasi subito sui suoi passi. Questa decisione, unica al mondo, ha fatto infuriare Videa e il regista che aveva definito il divieto “ridicolo”, proprio perché il film è stato scritto per i più piccoli che, forse, più degli adulti sono in grado di cogliere pienamente il messaggio del film, in quanto possono identificarsi con il piccolo Alan, simbolo dell'esuberanza e della gioia di vivere tipica dei bambini.

Locandina di Ralph spaccatutto
Titolo originale: 
Le magasin des suicides
Nazione: 
Francia, Canada, Belgio
Anno: 
2012
Genere: 
Animazione
Durata: 
79'
Regia: 
Patrice Leconte
Sito ufficiale: 
Produzione: 
ARP Sélection, Caramel Film, Diabolo Films, Entre Chien et Loup, Kaibou Productions, La Petite Reine
Distribuzione: 
Videa CDE
Data di uscita: 
28 Dicembre 2012 al cinema

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