Battletoads – La serie animata del 1992 tratta dal videogioco
Se negli anni ’90 eri un fan dei videogiochi, è impossibile che tu non abbia sentito parlare dei Battletoads, tre rospi antropomorfi dal carattere esplosivo e dal pugno facile. Nati come rivali diretti delle Tartarughe Ninja, i Battletoads — Rash, Zitz e Pimple — hanno conquistato la loro fetta di gloria grazie a un videogioco leggendario per NES del 1991, sviluppato dai geni di Rare. Il gioco era famigerato per la sua difficoltà brutale, ma anche per il suo stile sopra le righe e il design memorabile. Il successo fu tale che si tentò persino di trasformarli in eroi televisivi.
E così, nel novembre del 1992, nacque lo speciale animato Battletoads, prodotto da DIC Animation City in collaborazione con Tradewest e Rare, distribuito da Bohbot Entertainment negli Stati Uniti. Lo speciale durava appena 22 minuti e doveva essere il pilota di una serie completa, che però non vide mai la luce. Il cartone fu trasmesso in syndication, cioè su diverse emittenti locali, nel weekend del Ringraziamento. Il target? Ragazzi tra gli 8 e i 14 anni, fan di azione, ironia e supereroi con un tocco di follia.
Una storia da rospi… spaziali

La trama dell’episodio pilota di Battletoads funge da prequel alla saga videoludica. Tutto parte a Oxnard, California, dove tre normali ragazzi delle scuole medie — Morgan Zigler (Zitz), Dave Sharr (Rash) e George Pie (Pimple) — vengono scelti dal misterioso Professor T. Bird per diventare i paladini della giustizia galattica. Grazie a un amuleto magico e a un pizzico di scienza aliena, i tre possono trasformarsi in rospi giganti antropomorfi, dotati di forza sovrumana e in grado di usare braccia e gambe come armi in spettacolari “Smash Hits”.
Il loro compito è proteggere la Principessa Angelica, fuggita dal pianeta della perfida Dark Queen, che vuole rubare il suo amuleto per conquistare l’universo. Naturalmente, il trio si trova presto nei guai: tra robot spaziali, maiali mutanti e battaglie surreali, i Battletoads devono imparare in fretta a usare i loro nuovi poteri… e a lavorare in squadra, anche se sono tutt’altro che disciplinati.
Temi e tono: tra parodia e azione sfrenata

Il tono del cartone è spudoratamente ironico. Battletoads non si prende mai troppo sul serio: è un mix di fantascienza, commedia e azione che strizza l’occhio ai classici supereroistici ma con un’anima da cartone “trash” anni ’90.
Ogni scena è un’esplosione di energia, con battute, trasformazioni e gag visive degne dei migliori cartoon dell’epoca. È chiaro che DIC voleva replicare la formula vincente delle Teenage Mutant Ninja Turtles: animali antropomorfi, humor da strada e combattimenti iperattivi.
Ma Battletoads aggiungeva un pizzico di cattiveria in più, un’estetica più “metal”, e un ritmo quasi da videoclip, tipico dei prodotti pensati per il pubblico americano dei primi anni ’90.
Il tema centrale è quello dell’amicizia e del lavoro di squadra, mascherato da un turbinio di combattimenti e battute da bar. I protagonisti devono accettare la loro nuova identità, imparare a fidarsi l’uno dell’altro e capire che la forza, senza cervello, non basta per vincere. Un messaggio semplice ma efficace, soprattutto per il pubblico giovane.
Personaggi: tre rospi e una regina del male

- Zitz (Morgan Zigler) – Il leader del gruppo, il più razionale e strategico. Anche da rospo, mantiene la testa fredda e cerca di tenere a bada i suoi amici più impulsivi.
- Rash (Dave Sharr) – Il più carismatico e spavaldo. Indossa occhiali da sole anche in battaglia e vive per il brivido del combattimento. È l’anima rock del trio.
- Pimple (George Pie) – Il gigante buono. È forte come un toro ma ingenuo, un personaggio che regala molte delle gag più divertenti.
- Dark Queen – L’antagonista assoluta. Sexy, crudele e teatrale, sembra uscita da un fumetto heavy metal. È determinata a conquistare l’universo e a sconfiggere i Battletoads.
- Professor T. Bird – Mentore e guida del gruppo, un misto tra scienziato pazzo e zio saggio.
- Principessa Angelica – La classica damigella spaziale in pericolo, ma con un tocco di ironia.
La voce dei personaggi fu affidata a doppiatori di grande esperienza: tra loro Ian James Corlett, Scott McNeil, Kathleen Barr e Michael Donovan, nomi molto noti nel panorama dell’animazione canadese dell’epoca.
Un prodotto figlio del suo tempo
Dal punto di vista tecnico, Battletoads è un cartone tipico di inizio anni ’90: animazione vivace ma non particolarmente fluida, disegni spigolosi e colori saturi. Tuttavia, si nota lo sforzo di DIC Animation City nel dare alla serie un look moderno, ispirato al mondo dei videogiochi.
La sigla d’apertura, energica e tamarra al punto giusto, è una piccola chicca: cori rock, batteria elettronica e una melodia che si pianta in testa come un pugno di Pimple.
Ricezione e critica: dal sogno alla disfatta
Purtroppo, nonostante l’entusiasmo della produzione, lo speciale non riuscì a convincere né le reti né il pubblico.
Molti critici lo definirono un tentativo maldestro di cavalcare il successo delle Tartarughe Ninja, senza però la stessa profondità o originalità. Alcuni lo inserirono addirittura tra i “peggiori pilot mai realizzati”. Il progetto di una serie venne abbandonato subito, lasciando i Battletoads confinati al mondo dei videogiochi.
Eppure, a rivederlo oggi, Battletoads non è poi così disastroso: anzi, ha un suo fascino caotico e sfrontato. È un esempio perfetto di come nei ’90 si cercasse di ibridare media diversi, portando le icone dei videogiochi sul piccolo schermo.
La VHS ufficiale fu distribuita da Buena Vista Home Video nel 1994, e lo speciale è stato poi pubblicato su YouTube da WildBrain nel 2014, dove oggi è visibile gratuitamente.
Recensione finale: un fallimento divertente
Rivedere Battletoads oggi è come aprire una finestra su un’epoca in cui bastava un joystick e un’idea folle per creare un fenomeno. Lo speciale animato non è un capolavoro, certo, ma è una curiosità irresistibile per chi ama la storia dei cartoon ispirati ai videogiochi.
Ha ritmo, ha stile, e non si prende mai troppo sul serio. È rumoroso, sopra le righe e volutamente esagerato — esattamente come i suoi protagonisti.
Insomma, Battletoads è un fallimento glorioso: uno di quei progetti che non ce l’hanno fatta, ma che ancora oggi raccontano perfettamente lo spirito degli anni ’90.
E forse è proprio questo il suo più grande successo: farci sorridere ricordando un tempo in cui bastava dire “Power up!” per credere che tre rospi spaziali potessero salvare l’universo.


















