The Bots Master: la serie animata franco-statunitense di fantascienza del 1993
Ricordate quei cartoni animati dei primi anni ’90 dove bastava aggiungere robot giganti e qualche effetto speciale per far impazzire i ragazzini? Beh, The Bots Master era proprio uno di quelli, ma con una marcia in più che lo rendeva speciale. Parliamo di una serie che provava a fare qualcosa di diverso, mescolando azione, fantascienza e perfino degli occhialini 3D che all’epoca sembravano roba da astronauti.
Una Produzione Franco-Americana con le Idee Chiare

The Bots Master nasce nel 1993 dalla mente di Jean Chalopin, quello che aveva già dato vita a serie cult come Ispettore Gadget. La produzione era un bel mix internazionale: Créativité et Développement dalla Francia, Saban International e Avi Arad and Associates dagli Stati Uniti. In totale sono stati realizzati 40 episodi, trasmessi su vari canali a seconda del paese: YTV in Canada, syndication negli USA, TF1 in Francia e da noi passava su reti minori.
Il target? Beh, sulla carta erano ragazzini dagli 8 ai 14 anni, ma diciamocelo, chiunque avesse voglia di vedere robot che si picchiavano e un protagonista che faceva il guerrigliero urbano era il benvenuto. La serie in Francia si chiamava “Le Maître des Bots”, mentre negli Stati Uniti a volte veniva indicata come “The Botz Master” o semplicemente “ZZ Bots”.
La vera chicca era quella degli effetti 3D: ogni episodio aveva circa due minuti di sequenze pensate per essere viste con degli occhiali speciali (venduti insieme alle action figures, ovviamente). Sullo schermo compariva un simbolino a forma di occhiali per dirti quando metterli. Sfruttavano l’effetto Pulfrich, una cosa particolare che dava profondità alle immagini anche senza gli occhiali, ma con quelli l’effetto era decisamente più figo.
Una Storia di Libertà nell’Anno 2025
Ironia della sorte, la serie è ambientata proprio nel 2025, l’anno in cui stiamo vivendo ora. All’epoca sembrava un futuro lontanissimo, ma la storia è quella classica della tecnologia che si rivolta contro l’umanità. O meglio, di gente cattiva che usa la tecnologia per scopi poco raccomandabili.
Il protagonista è Ziv “ZZ” Zulander (nel doppiaggio italiano lo chiamano sempre e solo “Doppia Zeta”), un giovane genio della robotica che ha inventato i robot della serie 3A, quelli che hanno rivoluzionato il mondo. Lavorava per la RM Corp (RobotMegaFact Corporation), ma quando scopre che il suo capo Sir Lewis Leon Paradim – tipo calvo e megalomane come si deve – vuole conquistare il mondo usando proprio i suoi robot, decide che è ora di cambiare aria.
Il piano del cattivone è semplice ma efficace: il Dr. Hiss (Dottor Sibilo nella versione italiana), scienziato pazzo con la lisca, crea il “Krang Chip”, un chip che può prendere il controllo di qualsiasi robot 3A e farlo obbedire solo alla RM Corp. ZZ non ci sta e scappa portandosi dietro sua sorella Blitzy, una ragazzina di 10 anni con più fegato di molti adulti.
I due si rifugiano letteralmente sottoterra, creando una base segreta da cui coordinare la loro guerriglia robotica. ZZ ha dalla sua parte i BOYZZ (Brain Operated Young Zygoetopic Zoids), robot dotati di personalità propria e chip che li fanno ragionare come esseri umani. Sono praticamente la sua famiglia allargata metallica: c’è Jammerzz che parla in rima e ha un martello pneumatico al posto del braccio, Toolzz con quattro braccia piene di attrezzi, i Sports Boyzz che usano armi a tema sportivo, e perfino un robot cuoco francese e uno ninja.
La serie gioca molto sull’aspetto della propaganda: mentre ZZ cerca di fermare la distribuzione dei Krang Chip e sabotare i piani della RM Corp (grazie a microtelecamere piazzate negli uffici nemici), i media controllati dall’azienda lo dipingono come un terrorista. È una dinamica interessante per un cartone dell’epoca: il buono che viene fatto passare per cattivo.
Un Cast di Personaggi Memorabili
ZZ è il classico eroe tuttofare: genio scientifico, maestro dei travestimenti, discreto combattente e pure capace di suonare la chitarra quando serve. Ha anche un debole per Lady Frenzy, la comandante della sicurezza della RM Corp, che ricambia i suoi sentimenti pur essendo dalla parte sbagliata della barricata. Una sorta di storia d’amore impossibile che aggiunge pepe alla trama.
Blitzy è tutto il contrario del fratello: impulsiva, ama risolvere i problemi sparando prima e facendo domande poi. Guida la VAF, un jet d’attacco, e comanda il Jungle Fiver, la super arma del gruppo: cinque veicoli che si combinano in un robot gigante. Sì, praticamente il Voltron di turno, ma con una password per combinarlo che era “zucchini”. Non scherzo.
Gli avversari sono altrettanto caricaturali: Sir Lewis Leon Paradim (LLP) è il cattivo megalomane per eccellenza, abbastanza furbo da mandare un robot duplicato di sé stesso a una festa sapendo che ZZ ci sarebbe stato. Il Dr. Hiss odia ZZ con passione e cerca sempre di ucciderlo con la forza bruta, mentre Lady Frenzy è più calcolatrice e preferisce negoziare prima di sparare.
I BOYZZ sono il vero cuore della serie. Ogni robot ha una personalità distinta: D’Nerd (Secchione) è un database ambulante che risponde sempre con definizioni da dizionario, Genesix è l’ingegnere del gruppo, Ninjzz il guerriero ninja costruito appositamente per il combattimento, Watzon il medico sarcastico, e perfino tre teste parlanti (i T-Heads) che commentano tutto dalla loro mensola. C’è persino stato un episodio con Momzz, una robot madre che Genesix costruì pensando che ZZ e Blitzy avessero bisogno di una figura materna.
Messaggi tra le Righe
The Bots Master prova a parlare di temi abbastanza seri mascherandoli da intrattenimento robotico. C’è il discorso sulla libertà contro il controllo aziendale, la manipolazione mediatica (ZZ viene continuamente diffamato dai notiziari), il potere della tecnologia quando finisce nelle mani sbagliate.
Il fatto che i BOYZZ abbiano personalità proprie solleva questioni sull’intelligenza artificiale e su cosa significhi essere “vivi”. Questi robot pensano, provano emozioni, hanno paure e aspirazioni. Sono persone intrappolate in corpi metallici? La serie non approfondisce troppo, ma il seme è piantato.
C’è anche un sottotesto interessante sulla famiglia non convenzionale: ZZ e Blitzy sono orfani (o comunque i genitori non compaiono mai) e i loro veri legami familiari sono con i robot. È una riflessione sul fatto che la famiglia non è solo sangue, ma anche chi scegliamo di avere accanto.
Aspettative e Realtà: Una Recensione Senza Filtri
Quando uscì, The Bots Master aveva tutte le carte in regola per diventare un piccolo cult. Aveva Jean Chalopin dietro, gli effetti 3D che all’epoca erano una figata pazzesca, una linea di giocattoli e quel mix di azione e fantascienza che andava forte.
La realtà? È stata una serie che ha funzionato a metà. Gli episodi sono godibili, l’animazione è quella tipica dei primi anni ’90 – niente di spettacolare ma nemmeno imbarazzante. Il problema principale è la ripetitività: molte puntate seguono lo stesso schema (RM Corp fa qualcosa, ZZ lo scopre, sabota il piano, fugge), e dopo un po’ diventa prevedibile.
I personaggi però sono il punto forte. I BOYZZ hanno davvero carattere, non sono robot generici. Gli scambi tra loro sono spesso divertenti, e quando uno viene danneggiato o è in pericolo, ci dispiace sul serio. ZZ è un protagonista carismatico, anche se a volte è troppo perfetto – riesce sempre a cavarsela un po’ troppo facilmente.
Un appunto sulla colonna sonora: la sigla originale è un pezzo rap-beat cantato dai personaggi stessi, molto in linea con i toni semi-umoristici della serie. La sigla italiana invece è più seria e enfatica, tipo “salviamo il mondo con facce drammatiche”, che non rispecchia proprio lo spirito dello show. Un peccato, perché cambia un po’ la percezione.
Gli effetti 3D? Una bella idea sulla carta, ma limitata a pochi minuti per episodio. Erano più un espediente di marketing che altro. Senza gli occhiali funzionavano lo stesso grazie all’effetto Pulfrich, ma non è che cambiassero chissà cosa nell’esperienza complessiva.
Il vero limite è stata la durata: una sola stagione, 40 episodi e poi fine. Probabilmente le vendite dei giocattoli non andarono come sperato, o forse la serie non sfondò negli ascolti. Resta il fatto che molte trame restano aperte: la campagna elettorale di LLP per diventare Presidente del Mondo, la relazione tra ZZ e Lady Frenzy, il futuro dei BOYZZ. Tutto interrotto bruscamente.
Verdetto Finale
The Bots Master è una di quelle serie che meritava forse qualche episodio in più per sviluppare meglio le sue idee. Ha intuizioni interessanti – la propaganda, l’IA con personalità, la resistenza contro il potere corporativo – ma spesso le sacrifica sull’altare dell’azione e delle scene coi robot che si picchiano.
Non è un capolavoro, ma nemmeno uno spreco di tempo. Se cercate un cartone nostalgico dei ’90 con robot, un protagonista che sa il fatto suo e situazioni abbastanza assurde (tipo ZZ che si traveste da rockstar o l’allergia letale dei Zulander al polline di un cactus specifico), The Bots Master fa al caso vostro.
Il vero peccato è che oggi è praticamente dimenticato. Non ha avuto il seguito di altri show robotici dell’epoca, non ci sono state rivisitazioni o reboot. Resta una piccola perla sepolta negli anni ’90, un “e se…” della storia dell’animazione. Un cartone che provava a dire qualcosa in più tra un pugno robotico e l’altro, anche se non sempre ci riusciva.
Ma ehi, almeno i robot sapevano fare rima mentre combattevano. Questo conta qualcosa, no?


















